Una missione da Herat
FSB Herat (Afghanistan), ottobre 2014, pur in un clima di incertezza politica, la missione NATO in Afghanistan sta cambiando profondamente. Avviata la nuova fase della transizione, ci si prepara per quella di ripiegamento che ancora non ha una previsione certa. Siamo alla vigilia del 31 dicembre 2014, una data importante nel quadro della Missione ISAF in Afghanistan.
Arriviamo sulla Forward Support Base (FSB) di Herat, nella parte più nord-occidentale dell’Afghanistan, al confine con l’Iran e il Turkmenistan, dopo nove ore di volo su un comodo KC-767A, il 14-01. Partito da Pratica di Mare con sosta alla base di Al Bateen di Abu Dhabi, dove opera dal 2002 la Task Force Air Al Bateen, dopo aver sorvolato il Pakistan ci ha portato nei cieli dell’Afghanistan fino a Herat. Qui con un’apertura degna di un caccia, una stretta virata e un’altrettanto rapida discesa per arrivare in finale, ci fa ricordare dove siamo; tocchiamo la lunga pista e guardando dall’unico finestrino a poppa ci appaiono subito evidenti gli ampi spazi vuoti dietro i piazzali prima occupati da aerei ed elicotteri spagnoli.
È questo il primo impatto visivo con la nuova realtà: dopo oltre otto anni dalla sua configurazione originaria, l’assetto del Regional Command-West (RC-W) di Herat è radicalmente cambiato. Terminata la fase di stabilizzazione è ora in atto quella di transizione che si pone l’obiettivo di portare a compimento il processo di trasferimento del controllo del territorio e della sicurezza del popolo afghano al governo ed alle forze militari nazionali.
Dal 16 luglio 2014 è questo il compito del Train Advise and Assist Command-West (TAAC-W), attualmente su base della Brigata bersaglieri “Garibaldi” al comando del generale Maurizio Scardino. Nella regione occidentale dell’Afghanistan opererà quindi nell’addestramento, nell’advising o consulenza e nel supporto all’esercito ed alle forze di polizia afghane. Solo successivamente potrà essere attivata l’ultima fase della Missione in Afghanistan, quella del rientro definitivo in Patria del contingente italiano.
Per certi versi e in un certo modo una fase di rischieramento (o, se si preferisce, “deschieramento”) può considerarsi iniziata nel luglio 2012, quando prese avvio l’Operazione “Itaca 2” che ad oggi rappresenta il più grande sforzo logistico italiano del dopoguerra.
A seguito della progressiva chiusura delle varie FOB, le Forward Operational Base presenti sul territorio afghano, con la gestione degli uomini di Italfor, sta rientrando una gran quantità di materiali e di mezzi, attraverso un grande ponte aereo da Herat agli Emirati Arabi Uniti e successivamente via nave fino in Italia. Il grosso è già rientrato, quantitativamente ben undici chilometri di container trasportati dagli Ilyushin Il-76 e dagli Antonov An-124 dei contractors civili per oltre una decina di migliaia di tonnellate di peso complessivo, oltre a materiali più sensibili per i quali vengono utilizzati aerei dell’USAF e dell’Aeronautica Militare come C-17, C-130 e KC-767. È un argomento, questo, che merita un approfondimento ed un dettaglio particolare per gli assetti aeronautici coinvolti e contiamo di farne oggetto di una futura analisi.
Oggi tutte le FOB sono state chiuse e da ultima, ai primi di ottobre, è terminata anche la missione dell’Italian Air Advisory Team (IAAT) dell’Aeronautica Militare che sulla base aerea di Shindand ha seguito per quattro anni l’addestramento del personale specializzato e dei quadri della ricostituita forza aerea afghana.
Il personale italiano delle quattro armi opera esclusivamente dalla FSB di Herat e dall’area di Kabul, in un numero attualmente autorizzato di 2.250 militari, ma che con il presumibile avvio della “Resolute Support” Mission, dal 1° gennaio 2015 scenderà a circa 1.800 unità; di queste, circa 500-700 saranno consiglieri militari ai quali va aggiunta una componente logistica adeguata a sostenere gli sforzi in un’area ad elevata intensità operativa, così come a garantire la gestione della sicurezza della base di Herat e del suo aeroporto.
L’attività di volo
Dopo aver totalizzato oltre 3.100 missioni con quasi 10.000 ore di volo e 7.500 obiettivi conseguiti, nel giugno scorso i quattro cacciabombardieri AM-X “Ghibli” inquadrati nel Task Group (TG) “Black Cats” sono rientrati definitivamente in Italia con un lungo volo di trasferimento da Herat a Pratica di Mare. Per la Joint Air Task Force (JATF) dell’Aeronautica Militare, con un bilancio estremamente positivo, si è così concluso il compito di fornire l’appoggio tattico e la ricognizione tattica diurna e notturna, fino a pochi mesi fa ritenuti di particolare importanza.
L’attività di trasporto di uomini e personale a favore delle forze operanti in teatro è svolta dalla 46a Brigata Aerea nell’ambito del TG “Albatros” con i C-130J, mentre un EC-27J “Jedi”, sempre della 46a BA, è equipaggiato con contromisure elettroniche per la neutralizzazione dei segnali radio utilizzati dai terroristi per l’innesco degli ordigni improvvisati (IED). Il TG “Astore” è invece impegnato nelle missioni ISTAR (Intelligence, Surveillance, Targeting and Recognition) con i due “Predator B” (MQ-9A “Reaper” ancora disarmati) che da metà gennaio 2014 hanno rimpiazzato i due RQ-1B “Predator A+” del 28° Gruppo del 32° Stormo di Amendola.
Ridimensionata anche la Task Force “Fenice”, Italian Aviation Battalion: attualmente su base 5° Reggimento “Rigel” dell’Aviazione dell’Esercito di Casarsa della Delizia, dopo che nell’agosto scorso ha sono rientrati in Patria i CH-47C “Chinook” utilizzati per il trasporto di personale e materiali da e per le varie FOB, opera con un nucleo di cinque/sei A.129C “Mangusta” ed uno di quattro NH90.
I “Mangusta” schierati a Herat dal 2007, hanno ormai abbondantemente superato il traguardo delle 10.000 ore di volo, quasi la metà dei quelle volate dalla TF “Fenice”, con percentuali di successo negli interventi prossima al 100%. Questi elicotteri garantiscono quotidianamente il Quick Reaction Asset (QRA) in supporto al personale italiano e alleato impiegato sul terreno con compiti di esplorazione e scorta in supporto armato. All’inizio di novembre, per sostituire gli A.129C, sono iniziati ad arrivare i primi “Delta” AH-129D caratterizzati da un upgrade dei sistemi di navigazione, da una nuova unità di osservazione, acquisizione e puntamento (OTS) Rafael “Toplite III” e dal sistema missilistico “Spike”.
L’NH-90 (o UH-90A) della Unit “Nemo” è presente in teatro dall’agosto dello scorso anno. Vero elicottero multiruolo, avanzato per la dotazione degli apparati avionici di ultima generazione integrati con sistemi di visione notturna e quindi con la possibilità di operare in condizioni diurne e notturne di estrema criticità, ha dimostrato grande affidabilità e versatilità dal trasporto tattico, di persone e materiali, alla ricerca e soccorso fino all’evacuazione medica e Forward Medevac. Un impegno molto intenso per i quattro esemplari attualmente in carico alla Unit che si presume possano venir affiancati nei prossimi mesi da altre due macchine.
Progressivamente, quindi, nel corso della campagna afghana, il contingente italiano è passato ad operare con le sue macchine più moderne, appunto i “Mangusta” rispondenti agli standard più recenti e gli NH-90. Di questi ultimi è interessante rilevare come l’Aviazione dell’Esercito sia stata la prima forza armata a schierare in un teatro operativo la versione NH-90/TTH (UH-90A); in Afghanistan quest’elicottero è soprannominato “Nemo” o “Black Bumblebee” ed è allo standard IOC+, caratterizzato dall’adozione di radio “Cripto” e Software Configuration 3 per l’impiego dei caschi HMD (Helmet-Mounted Display).
Agli aeromobili ad ala fissa ed ala rotante si aggiungono due mini-APR (aeromobili a pilotaggio remoto) che svolgono in sordina importanti funzioni di ISR (Intelligence, Surveillance, Recognition), ovvero il controllo diurno e notturno del territorio limitrofo e della base aerea: lo “Strix C” dell’Aeronautica Militare in carico ai Fucilieri dell’Aria del 16° Stormo di Martina Franca, che da oltre un anno ha raggiunto la Full Operational Capability, e il Bramor C4 “Eye” dell’Esercito, in sperimentazione qui a Herat dallo scorso giugno da parte del 41° Reggimento “Cordenons” della Task Force Genio. Anche questo è un argomento sul quale ci proponiamo di ritornare per un interessante approfondimento.
Missione Medevac
Il progressivo ritiro delle forze multinazionali dal territorio e la presa di controllo da parte delle forze armate afghane non sta producendo una sensibile diminuzione dell’attività elicotteristica da parte della TF “Fenice”. Ne è una riprova l’attività Medevac, svolta ora esclusivamente dal reparto italiano dopo che, con la fine di settembre, c’è stato il ritiro degli UH-60 dell’US Army. È vero anche, e finalmente, che l’Aviazione dell’Esercito dispone di un elicottero, quale l’NH-90, più avanzato dello stesso “Black Hawk” e quindi perfettamente in grado di operare in condizioni ambientali estreme con visibilità pari a zero, in missioni diurne e notturne, mentre sembra che gli equipaggi del Detachment One dell’Afghan Air Force, basato a Herat con due-tre Mil Mi-17V1/V5, non abbiano ancora raggiunto la capacità a poter svolgere tale tipo di missione.
Dopo il breve ma dettagliato briefing sull’esercitazione di Aerial Medical Evacuation (Medevac) prevista, giusto il tempo per controllare le attrezzature, sistemare il giubbotto antiproiettile (GAP) e l’elmetto in kevlar e ci troviamo a bordo dell’NH-90 EI-217, l’esemplare allestito per la Medevac: da pochi minuti, nella Sala Operativa dell’ISAF Joint Command, dalla Sala Operativa del TAAC-W è partita la richiesta di intervento per il recupero e l’aviotrasporto di personale ferito dal luogo dove si è verificato un presunto incidente all’ospedale spagnolo (Role 2) presso il Camp “Arena” all’interno della FSB.
Tutte le componenti interessate si sono attivate immediatamente secondo una procedura stabilita che permetterà di effettuare il ricovero nella struttura specializzata entro il limite della cosiddetta “golden hour”, quel lasso di tempo durante il quale è più alta la probabilità che un pronto trattamento medico possa assicurare la sopravvivenza del ferito.
In carlinga troviamo i due mitraglieri con le rispettive M134D da 7,62 mm in posizione, l’ufficiale medico e due infermieri del Forward Medical Team che costituiscono la componente medica eliportata e il flight engineer, oltre naturalmente ai due piloti. Nei pochi minuti necessari per la procedura di messa in moto, vengono ricevute tutte le informazioni relative alla località di recupero, allo stato e al numero delle persone ferite e, mentre vengono effettuati a terra e a bordo gli ultimi controlli di routine, pur nella programmata concitazione di questi momenti, ci rendiamo conto di quanto sia spazioso e razionale il vano di carico: nonostante la presenza di sette persone e di due barelle, c’è ancora spazio sufficiente per potersi muovere agevolmente.
I due A-129C “Mangusta” in assetto Quick Reaction Alert che assieme a noi compongono la Quick Reaction Force (QRF) per questa missione sono già in rullaggio per portarsi al decollo. Saranno loro a garantire con il loro armamento la protezione nella zona di operazione, creando la cornice di sicurezza per permettere l’atterraggio ed il recupero del personale ferito. Essendo un’esercitazione, tutta la missione si svolgerà entro il perimetro del “New Dune”, il poligono a qualche decina di chilometri a sud-ovest della base di Herat, dove i “Mangusta” effettueranno dei tiri reali con il cannone M.197 da 20 mm.
Subito dopo decolliamo anche noi e ci portiamo velocemente verso ovest, in direzione del poligono, mentre i mitraglieri osservano attentamente ed ininterrottamente il terreno sottostante, spostandosi continuamente con la slitta dell’affusto su cui è montata la “Minigun” per potersi garantire il maggior angolo di visuale anteriore e posteriore.
Volteggiando fuori dal perimetro del poligono attendiamo che l’area nella quale effettuare il recupero venga dichiarata “clean” per poterci quindi avvicinare; nel frattempo il team medico di bordo viene aggiornato sul numero dei feriti, saliti a due, e sullo stato di gravità degli stessi.
Non appena il compito dei “Mangusta” è stato portato a termine con la messa in sicurezza dell’area e la distruzione, simulata dai tiri andati a segno, della potenziale minaccia, scendiamo rapidamente di quota. Una virata per metterci sottovento rispetto alla posizione dei feriti nell’area a terra posta sotto il controllo di VTLM “Lince” e di VBM “Freccia”; prima del contatto con il suolo veniamo avvolti dalla densa nuvola di polvere ocra che entra in cabina ma che ben presto si dissolve appena il rotore viene scaricato.
Mentre una pattuglia a terra si schiera a protezione dell’elicottero, viene abbassata la rampa posteriore; contemporaneamente i due “Mangusta” volteggiano in zona per avvistare e contrastare eventuali altre minacce, così i feriti vengono avvicinati e fatti salire, prima quello meno grave, posto nella barella inferiore e poi quello con le lesioni più serie ma che nel frattempo già ha avuto un primo intervento medico a terra.
Allontanata la pattuglia a terra e richiusa la rampa, si decolla facendo immediatamente rotta per la base, volando a bassa quota ed alla massima velocità di crociera; nel frattempo il medico e gli infermieri possono intervenire con le cure più urgenti per la stabilizzazione del ferito più grave. Arrivati in finale, la procedura di atterraggio viene abbreviata con il sorvolo a bassa quota della pista e dei raccordi fino al piazzale dove tocchiamo terra. Ora i due feriti possono venir caricati sull’ambulanza per il pronto ricovero al Role 2.
A esercitazione terminata un debriefing evidenzierà luce eventuali problematiche o aspetti meritevoli di approfondimento.
Non ha termine invece l’attività della Task Force: gli elicotteri devono essere subito approntati per un immediato impiego – è prevista infatti una missione notturna- il personale a terra provvede ai controlli post-volo, ai controlli dei motori, dei rotori e delle trasmissioni, alla sostituzione dei dispenser dei flares, al disarmo dei cannoni, alla pulizia delle canne e ai rifornimenti per una missione nottura.
In ogni momento potrebbe arrivare una chiamata per un intervento Medevac che non sia una semplice esercitazione.