31 maggio 1920, lo SVA 9 di Ferrarin atterra a Tokyo
La città di Thiene ricorda il suo famoso concittadino con un ricco programma di manifestazioni condizionato dalle limitazioni imposte da Covid-19
Le celebrazioni del centenario della trasvolata da Roma a Tokyo, conclusa da Arturo Ferrarin il 31 maggio del 1920, hanno preso avvio già nell’ottobre dello scorso anno con lo svolgimento del Corso di cultura aeronautica rivolto agli studenti delle superiori nel quadro delle iniziative volte all’informazione e all’orientamento da parte dello Stato Maggiore dell’Aeronautica e che si è voluto, per la prima volta, sull’aeroporto di Thiene, città natale di Arturo Ferrarin.
Nell’occasione l’Aeronautica Militare ha evidenziato la concomitanza dotando i cinque SIAI Marchetti S.208M (U-208A) del 60° Stormo di Guidonia, messi a disposizione per i voli dei circa 250 studenti partecipanti, di una speciale livrea celebrativa che verrà mantenuta per tutto il 2020.
Qui tutto parla di Ferrarin
L’aeroporto di Thiene di per sè parla di Arturo Ferrarin: è intitolato all’illustre concittadino; sullo stesso l’Associazione RTHM (Roma Tokyo Hangar Museum) formata un gruppo di entusiasti con a capo Giorgio Bonato, imprenditore e appassionato restauratore di aerei d’epoca, ha inaugurato nel maggio 2016 un museo dedicato a Ferrarin ed alla sua avventura; la vasta superficie su cui sorge era di proprietà della famiglia Ferrarin che, agli inizi degli anni settanta, l’ha voluto donare al Comune di Thiene, affinché venisse adibita ad aeroporto; da ultimo, anche l’F-104 ASAM, ricevuto in prestito dall’Aeronautica Militare ed esposto all’ingresso del piazzale, da ora mostrerà la raffinata livrea celebrativa. L’emergenza per il Covid-19 ha cercato di sabotare i festeggiamenti per il Centenario del raid Roma Tokyo, impedendo il concerto italo giapponese in programma a fine febbraio e compromettendo tutta una serie di importanti appuntamenti ed eventi in cartellone. Come spesso accade però coraggio e tenacia riescono ad avere la meglio.
E così l’Amministrazione Comunale ha deciso di rimodulare il programma estendendolo anche al 2021 e realizzando, per intanto, gli appuntamenti resi attuabili in base alle attuali normative, ricorrendo, in caso, anche alle piazze telematiche dei social e della rete.
Special color in volo e a terra
Anche l’aeroporto “Arturo Ferrarin” ha vissuto l’anniversario dell’arrivo a Tokyo vestendo l’entrata della struttura e di alcuni locali con i loghi della manifestazione con il “104” a fare bella mostra di sé sulla piazzale.
Nella giornata di lunedì 1 giugno, quattro S.208M del 60° Stormo, (60-21 e 60- 27 Special color e 60-22 e 60-36 con livrea normale) partiti dall’aeroporto di Guidonia per un volo addestrativo, hanno sorvolato in formazione la città. Un bel regalo dello Stormo sulla scia del ricordo del Corso di Cultura Aeronautica che i piloti hanno tenuto in ottobre e un bel momento per Thiene, in attesa del passaggio delle Frecce Tricolori, previsto a settembre ma rinviato al prossimo anno.
La flight dei “Siai” dopo il sorvolo sull’aeroporto è poi atterrata per un saluto completando la bella ed ricca coreografia predisposta sull’aeroporto, dando occasione per belle e particolari inquadrature fotografiche.
I cinque S.208M Special color del 60° Stormo sono gli esemplari 60-21 MM.61934, 60-24 MM.61937, 60-27 MM.61974, 60-40 MM.62002, 60-43 MM.62007.
Interessante è lo Special color F-104 ASAM. Proveniente dai depositi di Grazzanise dove furono concentrati tutti gli “Starfighter” radiati dall’Aeronautica Militare è in realtà un ibrido costituito dalle cellule di due velivoli tagliati, secondo il trattato CFE (trattato per la riduzione e la limitazione delle forze armate convenzionali in Europa/Treaty on Conventional Armed Forces in Europe) nel dicembre 2004: la MM.6914, come risulta dalla piastra CFE applicata a prua sul lato destro, appartenente all’esemplare radiato con il numero di carrozzella 4-1 del 4° Stormo e la MM.6733, carrozzella 4-51, assegnato al 20° Gruppo. Questa seconda matricola è stata individuata da una “ispezione fotografica interna” attuata sul tubo BLC dell’aria compressa per i flap delle ali. Ricostruito in modo perfetto, tanto da non lasciar intravedere l’unione delle due cellule e con apposto sulla deriva lo stemma del 51°Stormo, è stato dato in prestito dall’Aeronautica Miliare e collocato nel luglio 2007 sul piazzale aeroportuale, accanto ai parcheggi auto fissato e dei supporti di ancoraggio a terra. Alla fine di maggio, nei giorni precedenti l’evento e con qualche ansia per le volubili condizioni meteo sono stati effettuati i lavori di applicazione delle componenti adesive in vinile di alta qualità e quindi destinate a poter durare nel tempo.
Realizzazione degli Special color
L’ideazione delle livree celebrative sui cinque SM.208 M del 60° Stormo e del F-104 ASAM presente sull’aeroporto di Thiene è opera dello studio Basso Design di Cittadella che ne ha curato lo studio progettuale e la realizzazione dei disegni, coadiuvato dalla Publicolor per il trasferimento sui velivoli. E’ stata utilizzata la tecnica del wrapping, che consiste nel ricoprire le parti interessate con una pellicola adesiva in vinile Cast molto performante, in grado di stendersi a caldo e di adattarsi perfettamente alle irregolarità ed alle doppie curvature e molto stabile nel tempo. Il lavoro sui 208 effettuato nell’ottobre del 2019 ha impegnato per tre giorni due applicatori ed è stato relativamente più semplice dato che si è potuto fare in hangar e che le dimensioni degli aeroplani erano decisamente accessibili. Il 104 è stato allestito sul piazzale con l’alternanza di sole e temporali e ha impegnato tre persone per tre giorni, proprio alla gine di maggio.
In entrambi i casi c’è stato un meticoloso lavoro di preparazione iniziato col rilievo accurato dei velivoli, mediante misurazioni e fotografie fatte con ottiche a lunga focale per ottenere una immagine piatta delle superfici. Si è resa necessaria poi la ricostruzione in piano delle superfici tridimensionali per ottenere gli sviluppi reali della grafica e la realizzazione dei files per il taglio e la stampa degli adesivi.
La tecnica più precisa ed efficace sarebbe stata quella di proiettare il disegno del profilo direttamente sul velivolo e tracciarne quindi le linee disegnate dalla luce, ma con l’aeroplano sul piazzale, non è stato possibile adottare questo metodo che avrebbe richiesto anche ore di lavoro in notturna, inoltre la situazione derivata da Covid-19 ha condizionato non poco. Le basi bianco, blu e nero sono state tagliate da bobine di materiale colorato mentre l’insieme del volto di Ferrarin e della coccarda mista italo-giapponese sono state stampate con un plotter ad altissima risoluzione. La stilizzazione della foto di Ferrarin è stata sviluppata con la suddivisione dei toni di grigio a colore pieno per ottimizzarne la visione a distanza dato che una semplice immagine fotografica a sfumature di grigio sarebbe apparsa poco definita. Gli elementi grafici come la firma di Ferrarin (ricavata dal suo brevetto di volo gentilmente fornito in copia fotografica dal figlio ing. Carlo Ferrarin) ed il logo del Centenario (realizzato in due versioni speculari per preservare la corretta posizione della bandiera italiana che deve avere sempre il verde verso la prua dell’aeromobile) sono stati realizzati mediante taglio a plotter con la tecnica dei pre-spaziati.
Ogni esemplare del Siai ha richiesto l’uso di circa dieci mq di materiale adesivo, mentre per il 104, stante la stazza, si sono resi necessari quasi settanta metri quadri di pellicola.
Volando verso l'estremo Oriente
Il 31 maggio 1920, una folla immensa a Tokyo assistette incredula all’arrivo di due fragili biplani italiani Ansaldo SVA provenienti da Roma che avevano percorso in 105 giorni ben 18.000 km tra le più assurde ed impreviste difficoltà lungo le numerose tappe del complesso e articolato itinerario. I piloti Arturo Ferrarin e Guido Masiero, coi rispettivi motoristi Gino Cappannini e Roberto Maretto, furono al centro di faraonici festeggiamenti durati ben 42 giorni. Fu un’accoglienza da eroi che ricordarono per tutta la vita. Ma erano solo staffette che avrebbero dovuto precedere una formazione di ben quattro bombardieri Caproni e di cinque SVA, tutti perduti lungo l’interminabile percorso per incidenti, con la morte dei piloti Giuseppe Grassa e Mario Gordesco a Bushir (Golfo Persico), per avarie di vario genere e per le difficoltà insite nei territori da sorvolare parte dei quali privi di ogni infrastruttura o resi instabili dalle situazioni politiche locali o addirittura in preda a sommosse di popolazioni ribelli. I due SVA di Ferrarin e Masiero attraversarono aree pressoché inesplorate, affrontando ostacoli d’ogni genere, tra cui atterraggi di emergenza in zone paludose al di fuori dalle previste stazioni per riparare danni con mezzi di fortuna, o fatti segno dal fuoco di fucileria da parte di popolazioni ribelli.
Anche l’affrettata preparazione fu causa di inconvenienti gravi perché non previde nelle varie tappe la presenza di necessari ricambi e di personale tecnicamente esperto, nonostante la presenza di 25 ufficiali e 57 uomini di truppa e l’invio massiccio di materiali vari tra cui 10 aeroplani e 12 motori di riserva, ma siamo nel 1920 e le difficoltà di prevedere le necessità reali per un’impresa del genere si rivelarono realmente insormontabili, mentre i relativi costi furono astronomici.
L’idea era nata l’anno precedente da Gabriele d’Annunzio che, nell’intento di ripetere in tempo di pace un’impresa ancora più eclatante del volo su Vienna, ne tracciò per grandi linee un programma influenzato dall’amico giapponese, residente in Italia, Haruki-Kichi Shimoi. La Direzione Generale di Aeronautica si mostrò favorevole all’impresa non tanto per gli aspetti promozionali che avrebbero dato prestigio alla Nazione quanto per distogliere il Vate dall’impresa fiumana più volte dichiarata. Ma a programmi già in fase di attuazione D’Annunzio non prese parte all’impresa perché il 12 settembre 1919 entrò a Fiume coi suoi legionari dando vita alla Reggenza del Carnaro. Vista l’impossibilità di sospendere l’operazione, ormai in corso, l’impresa venne effettuata. Il direttore della Ansaldo, ing. Giuseppe Brezzi, ne fu subito entusiasta per via delle enormi opportunità promozionali che ne sarebbero scaturite e fece ordinare alla Direzione Tecnica dell’Aviazione Militare di Torino, espressamente per il raid, cinque esemplari dell’Ansaldo A.5 un ricognitore biposto derivato dallo SVA, diverso nelle dimensioni, con ali riprogettate e distinte da montanti verticali anziché a W. Velivolo di grande successo nella Grande Guerra, lo SVA era stato progettato dagli ingegneri Umberto Savoia e Rodolfo Verduzio e prodotto dalla Ansaldo, da qui la sigla SVA. Da tempo però era in atto un forte contenzioso tra la ditta e progettisti perché l’Ansaldo si attribuiva insistentemente i meriti dei successi dell’aereo mettendo in secondo piano sempre e comunque i veri creatori. Ed anche in questa circostanza l’ing. Brezzi, direttore dell’Ansaldo, tentò di mettere a disposizione un aeroplano interamente “Ansaldo” per fruire dei meriti e dei vantaggi promozionali derivanti dall’impresa ed estromettendo i progettisti. Ma le cose non andarono come aveva previsto perché tanto Ferrarin e Masiero quanto gli altri piloti destinatari dell’A.5 decisero all’unisono di scartarlo in favore dell’SVA.
Il motivo principale fu la discutibile affidabilità dell’A.5 ma ebbe un ruolo importante anche la scarsità di ricambi disponibili per un velivolo prodotto in soli undici esemplari.
Ferrarin, che ottenne di essere inserito tra i piloti partecipanti solo pochi giorni prima della partenza, dopo aver scelto come compagno il motorista Gino Cappannini, chiese ed ottenne che partecipassero all’impresa, anche l’amico Guido Masiero e il motorista Roberto Maretto. I due piloti scelsero come velivoli gli Ansaldo SVA 9 biposto, con una capacità di carburante di 400 litri, che consentiva circa dieci ore e mezza di volo ed una percorrenza di poco più di 1.000 km. Purtroppo, proprio due giorni prima della partenza l’aereo destinato a Ferrarin venne danneggiato gravemente in atterraggio. La soluzione venne dal cugino Francesco Ferrarin che mise a disposizione il suo SVA immagazzinato a Centocelle. L’aereo non era nelle migliori condizioni per affrontare un volo così lungo e difficile, vecchio e logoro, con diverse parti da sostituire e riparazioni da effettuare, presentava anche una torsione della cellula per cui tendeva a imbardare a sinistra. Inoltre era dotato di un motore depotenziato da 220 CV a 180 CV e serbatoi per 300 litri che ne riducevano l’autonomia a solo otto ore.
I velivoli selezionati per il volo, oltre a cinque biplani biposto Ansaldo SVA 9, furono anche tre bombardieri Caproni biplano, due Ca.3 e un Ca.5, e un triplano Ca.4. Tra l’8 gennaio e il 1 febbraio i bombardieri Caproni partirono scaglionati, essendo notevolmente più lenti degli SVA, in quanto, secondo gli intenti originali della pianificazione del volo, era previsto che, dopo aver attraversato l’Asia, tutti gli aerei della formazione SVA dovessero arrivare a Tokyo in possibilmente e contestualmente con i bombardieri. Il 14 febbraio 1920, Ferrarin e Masiero seguirono il percorso previsto, con atterraggi prestabiliti presso campi di volo dove era stato dislocato preventivamente personale italiano per fornire il necessario supporto tecnico agli aerei. Tutti i Caproni però furono costretti ad interrompere il viaggio nel corso della prima parte dello stesso, a seguito di atterraggi in campi di volo con terreno inadatto per le operazioni oppure per gravi problemi tecnici. Anche la pattuglia dei cinque SVA, partiti da Centocelle l’11 marzo, fu ugualmente sfortunata e numerosi guasti tecnici ben presto ne rallentarono il volo, causando via via una serie di defezioni che portarono un solo aereo, pilotato da Ranza ad arrivare in India, prima di ritirarsi a sua volta a seguito di un incidente in decollo.
Il viaggio di Ferrarin e Masiero non fu meno avventuroso e subì numerose interruzioni in diverse occasioni. Giunto a Calcutta in India, Ferrarin dovette sostituire il suo SVA con uno di riserva, ma invece di partire alla volta di Tokyo, Ferrarin e Masiero furono, a seguito di ordini superiori, inspiegabilmente costretti ad attendere per molti giorni l’arrivo della formazione degli altri SVA che mai si concretizzò. Dopo ventisette giorni di attesa di notizie, decisero di partire. A Pechino vi fu un’accoglienza trionfale ed un enorme successo. Si era ormai nella fase finale del viaggio. A Canton Masiero sfasciò il suo secondo SVA in decollo uscendone miracolosamente illeso assieme al motorista Maretto. Costretti a preseguire per Shangai via nave, dove prelevarono uno SVA di riserva poterono completare le tappe successive pur mettendosi “fuori gara”. Il 30 maggio Ferrarin e Cappannini, a bordo dello SVA nr. 13148 riuscirono a poggiare le ruote in territorio giapponese, presso Osaka, accolti da una folla immensa e dalle autorità locali. Poco dopo anche Masiero arrivò in volo. Il giorno seguente i due SVA 9 decollarono per Tokyo, dove nonostante le cattive condizioni meteorologiche, trovarono ad attenderli una folla immensa. Il trionfo di Arturo Ferrarin fu ampiamente celebrato a Tokyo, venendo dichiarato eroe giapponese e ricevendo l’investitura di samurai, l’onorificenza più alta del Giappone.
I fragili biplani SVA riuscirono a percorrere i quasi 18.000 km tra Roma a Tokyo ad una media di 160 km/h, coprendo l’intero percorso in 112 ore, prestazione di tutto rispetto per il 1920. Tenendo conto dell’epoca e della situazione geopolitica degli impervi territori sorvolati sommate ad una tecnologia aeronautica appena agli albori del suo sviluppo che solo da pochi anni aveva superato la fase pionieristica, la travagliata impresa ha veramente dell’incredibile. Riuscendo a dimostrare attuabili i collegamenti intercontinentali per via aerea, malgrado le vittime, gli enormi sforzi di più equipaggi e i costi colossali, il raid Roma-Tokyo costituisce una pietra miliare nello sviluppo aeronautico mondiale oltre che vanto indiscutibile tanto dell’aviazione italiana, quanto del carattere e della determinazione degli italiani che vi hanno partecipato e che lo hanno portato a termine.
Un libro di Luigino Caliaro, anzi due
A coincidere con la data del 31 maggio, giorno dell’arrivo di Ferrain a Tokyo, l’Amministrazione comunale di Thiene ha programmato la presentazione del libro di Luigino Caliaro “In volo da Roma a Tokyo. L’epico viaggio di un aviatore thienese” nell’edizione con titolo e copertina personalizzata per il Comune di Thiene. La presentazione, tenutasi in videoconferenza per le limitazioni sanitarie vigenti, ha visto presenti gli amministratori locali di Thiene e di Induno Olona (dove Ferrarin è sepolto), l’autore, il presidente della soc. Aeroporto di Thiene e, ospite d’eccezione, il Capo di Stato Maggiore, generale Alberto Rosso.
Nell’edizione per il pubblico, il libro di Luigino Caliaro edito da Aviation Collectables Company si intitola “In volo verso Oriente. Arturo Ferrarin un pilota fuori dall’ordinario” e presenta i medesimi contenuti, risultato di un paio d’anni di ricerche presso archivi civili e militari, di collezionisti privati ed eredi dei protagonisti.
La pubblicazione che consta di 226 pagine è divisa in due parti; la prima narra in dettaglio il raid Roma Tokyo, raccontato in maniera del tutto particolare, poiché, traendo spunto dal libro autobiografico “Voli per il mondo” (1928), le vicende dell’epico volo sono raccontate giorno per giorno in prima persona da Ferrarin stesso. Un capitolo è dedicato anche agli altri protagonisti del raid: il pilota veneto Guido Masiero e i due motoristi Gino Capannini e Roberto Maretto, assolutamente determinanti per la riuscita del raid. Viene raccontata anche la sfortunata e triste vicenda degli altri cinque SVA e dei bombardieri Caproni, nessuno dei quali riuscì a spingersi oltre il Medio Oriente. Un’appendice di sicuro interesse è rappresentata dall’analisi degli altri voli civili e militari, che collegarono il nostro paese con il paese del Sol Levante prima del secondo conflitto mondiale mentre un doveroso e giusto tributo è dedicato anche al personale italiano che fu inviato lungo il tragitto presso le varie tappe tecniche per assicurare l’assistenza tecnica ai piloti. Completa la prima parte del volume, una serie di pagine a colori, con manifesti, giornali, cartoline ma soprattutto la riproduzione di alcuni dei disegni dei bambini giapponesi donati dall’imperatrice Teimei ad Arturo Ferrarin durante la sua esclusiva udienza concessa dopo il raid.
La seconda parte della pubblicazione invece illustra la storia aeronautica di Arturo Ferrarin, un pilota davvero fuori dall’ordinario: collaudatore, pilota acrobatico e detentore di record mondiale, tutta la vita aeronautica di Ferrarin è esaminata e portata a conoscenza, grazie anche ad una eccezionale iconografia, formata da oltre 250 fotografie raccolte presso la Famiglia Ferrarin, l’archivio dell’Aeronautica Militare e da raccolte private.
Testi di Federico Grattoni, Claudio Toselli, Achille Vigna – Foto di Claudio Toselli, Basso Design – Con la collaborazione di Giuliano Basso, Luigino Caliaro, Daniele Mattiuzzo